IMMAGINATI IN UN MONDO CHE TI RENDE MERCE

Immagina di avere la possibilità di osservare uno scorcio di futuro. Sei nell’anno 2690, il mondo è sopravvissuto alla catastrofe climatica ma in compenso le diseguaglianze si sono acuite e alcune categorie umane hanno perso quei diritti che si pensava intoccabili:

Donne, etnie non bianche e classe lavoratrice sono cadute in un spirale discriminatoria che le colloca poco sopra gli animali non-umani, ai quali ovviamente non è più garantito quel fittizio “benessere” che però a scopo di marketing continua a narrare condizioni idilliache.

Ecco che in questo scenario ti capita davanti la pubblicità di un’azienda che mette in palio una mucca, una casalinga, una persona nera, un lavoratore/trice. I soggetti protagonisti vengono mostrati in ambiente bucolico, felici di ricoprire quel ruolo nonostante la cosificazione dei corpi e le identità ridotte, appunto, a meri oggetti a disposizione di chi vince il concorso.

Guardando le immagini quali sono i pensieri che emergono e le domande che iniziano a crearsi nella tua mente?
Azzardiamo qualche ipotesi:
“come siamo arrivatx ad escludere quelle categorie?”
“E per quale motivo?”
“Chi ne trae beneficio?”

Ci fermiamo qui e proviamo a rispondere in modo sintetico lasciando a te lo sviluppo di un’ulteriore critica a quel tipo di società.
Le suddette categorie umane probabilmente, anzi quasi sicuramente, sono state escluse attraverso un processo di convincimento sociale, durato secoli, che ha sottratto diritti e status in modo lento ma inesorabile. Un’azione di sottrazione che ricorda Jenga, il gioco della torre costruita con blocchi di legno incastrati che bisogna via via levare cercando di non far cadere la struttura. Quella stessa struttura sociale avvantaggia una esigua categoria di individui, i quali ne traggono profitto economico e beneficio sociale riuscendo, allo stesso tempo, a tenere in piedi senza troppi scossoni la società umana ormai resa intellettualmente inerme grazie anche alle singole ed egoistiche comfort zone dentro cui riescono a mantenersi briciole di privilegio a discapito di qualcun altrx.

Insomma, quello che avviene già oggi ma portato a livelli ancora più pervasivi. Tenendo però bene in mente che, in realtà, donne, persone nere e lavoratori/trici sono state effettivamente proprietà di qualcuno nei secoli scorsi e che, attraverso una lotta per vedere riconosciuti i propri diritti, anche con metodi violenti e di disobbedienza civile, sono poi riuscite ad ottenere uno status slegato dal concetto di forza lavoro da sfruttare e spremere fino all’osso. Questo cambiamento di parziale liberazione – parziale perché non possiamo dire che oggi le cose siano idilliache per suddetti gruppi umani – purtroppo non è avvenuto per la categoria dei non-umani la cui oppressione resta ancora normalizzata, tant’è che la prima immagine di questa galleria (la mucca con bambina) non proviene dal 2350 bensì dal 2023: un individuo messo in palio per un concorso di fidelizzazione del cliente. Lo scenario è quello rassicurante della campagna amica. Le due protagoniste sembrano muoversi in un contesto di felicità bucolica interspecie in cui la mucca si mostra gioiosa del suo esperire il mondo e di entrare in contatto con la cucciola umana. In questo scenario splendidamente bio(violento) nessuna persona che osserva l’immagine si chiederà che fine ha fatto il cucciolo di bovino e che fine farà la mucca una volta che il suo corpo non sarà più produttivo. La cosa importante, per chi osserva e consuma, è di essere tranquillizzata da una narrazione in cui non esiste violenza, che questa venga invisibilizzata e azzerata visivamente.

Nel processo socio-economico antropocentrico le altre specie continuano, e continueranno, ad essere trattate come “corpi che non contano” se non si ribaltano quei concetti culturali ed economici che ci fanno andare avanti, consumatrici compulsive nell’infelicità, a discapito di chi nasce, cresce e muore in uno status da merce consumabile.

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