CHE SAPORE HA LA FELICITÀ? (NON QUELLO DI UN ANIMALE MORTO)

Attraverso una campagna comunicativa, in cui si cerca di far breccia nelle emozioni dei consumatori, le aziende tendono volutamente ad occultare la realtà del consumato:

L’animale non-umano privato di identità – il maiale, nel caso della locandina in oggetto (in basso), spersonalizzato delle sue caratteristiche di soggetto diviene altro, prodotto, salame, prosciutto, affettato -, smontato in tanti pezzi e reso irriconoscibile sia a livello semantico che fisico. Scrivere “La Felicità è condivisione” suona emozionante se si osserva l’allegra famiglia a tavola durante un momento conviviale attraverso una lente specista trasfigurante.
Risulta invece molto più inquietante se le cose venissero mostrate per quello che sono, togliendo tale lente: una tavola imbandita a festa con pezzi del corpo macellato appartenenti ad un individuo che sarebbe stato sì felice ma di vivere la sua esistenza in modo libero e, attraverso questa condizione, condividere le proprie emozioni con Altri Animali, umano compreso.

Dunque, usando un po’ di logica e un minimo di empatia, possiamo realmente affermare che “la felicità è condivisione” se quella condivisione riguarda la diretta sofferenza e la morte di un altro essere vivente?

O forse sarebbe più giusto cambiare claim e locandina lasciando in sospeso una domanda a cui ognuno dovrebbe darsi una risposta:
“Può dirsi felicità la condivisione di un cadavere?”