Sta suscitando enorme scalpore il fattaccio che vede protagonista Kurt Zouma, calciatore del West Ham, ripreso dal fratello mentre prende a calci e maltratta uno dei gatti che vivono nel suo appartamento. Lo sportivo è stato messo fuori rosa, multato, condannato ad una violentissima gogna mediatica e c’è chi auspica per lui la prigione.
Ora, alla luce di quanto sappiamo e abbiamo visto, condanniamo in modo fermo l’accaduto sperando che il giovane sportivo capisca la gravità del gesto violento ai danni di un essere vivente che non può e non deve essere trattato come se fosse un oggetto al quale è possibile fare qualsiasi cosa, ma allo stesso tempo ci chiediamo: perché un atto di violenza commesso da una singola persona, ai danni di un singolo Animale di altra specie, provoca così tanto sdegno e indignazione rispetto alla violenza quotidiana e sistemica nei confronti di milioni di Altri Animali?
Forse centra il fatto che da un lato abbiamo un Animale di “serie A” e dall’altra i corpi di Animali che non contano, non classificabili nelle preferenze umane, invisibilizzati da una società che non accetta che la sofferenza di questi individui venga messa in discussione?
Perché vogliamo che il calciatore paghi per il suo gesto di gratuita crudeltà ma allo stesso tempo paghiamo qualcuno che tenga prigionieri, sfrutti i corpi, eserciti violenza e ammazzi milioni di animali ogni santo giorno?L’unica risposta che viene da suggerire è che sia il gesto isolato sia quello sistemico provengono da una cultura specista che fa degli Altri Animali oggetti di poco conto, vite senza alcun valore.
Solo cambiando il sistema, educando alla nonviolenza e al rispetto per ogni vivente, si potrà sradicare quella supremazia che, ad oggi, ancora consente di poter disporre della vita altrui in un rapporto gerarchico dove più il gradino occupato è basso e meno diritti si hanno, fino all’annullamento totale del proprio corpo e della propria esistenza.