L’idea che qualcuno abbia intenzionalmente occultato un focolaio di PSA, per proteggere il proprio profitto, è sconcertante, ma purtroppo non sorprendente.
Sappiamo bene quanto le dinamiche di una società fedele al dio capitale, alla crescita costante e incessante, siano prive di morale e altamente predatorie. Questo sistema di produzione ha una fame oscena: addenta, lacera, mastica, ingoia e si ingozza senza sosta. Poi rutta e ci sputa addosso i rimasugli facendoci credere di vivere nel migliore dei mondi possibili. Salvo poi riprendere attimi di lucidità quando certe situazioni ci accadono in prima persona.
È vero che la PSA, peste suina africana, ha un tasso di infezione alto e potenzialmente letale solo per suini e cinghiali. Però chiediamoci perché non si investe sulla ricerca (risposta: perché negli allevamenti non è possibile isolare i casi sospetti o malati) oppure lasciare che questo processo possa diventare endemico riequilibrandosi in modo naturale attraverso la convivenza tra predatori e prede anziché far andare in giro cacciatori (e bracconieri) che non osservano nessuna norma per evitare che il contagio si diffonda anche in zone in cui i cinghiali non hanno contatti con umani.
Abbiamo visto con i nostri occhi cacciatori, guardie provinciali, veterinari, addetti ASL in Toscana, Lazio e Liguria, invocare l’uccisione di individui non umani in via precauzionale per sospetta PSA, senza adottare poi tutte le misure di biosicurezza per evitare il diffondersi del virus.
Se il sistema di produzione è fallato, perché lo è, e Coldiretti incita il governo a schierare l’esercito, quando in realtà il problema dello squilibrio della fantomatica sovrappopolazione degli ungulati è ideato dagli stessi cacciatori che hanno creato un sistema a ciclo continuo, diabolicamente efficace, per avere a disposizione corpi da uccidere per sport, per amore della natura o salvaguardia del territorio, che in realtà fa rima con profitto. E in molti casi quel sistema alleva, nutre per renderli confidenti, immettendo in Natura gruppi di cinghiali per poi urlare all’invasione, spalleggiati dagli agricoltori.
Qualche semplice domanda ci nasce spontanea:
chi è che ha rapporti diretti con gli allevatori? Forse gli stessi cacciatori? Forse gli stessi allevatori che molto spesso sono anche cacciatori?
O forse la causa potrebbe essere cercata dal continuo rosicchiamento da parte degli umani delle zone abitate dai selvatici? Forse questa continua antropizzazione dei territori che ci avvicina sempre più a chi abita fuori dai nostri confini?
O forse la causa è data sempre da chi, imbracciando un fucile come fosse l’estensione del proprio cazzo, crea quel disordine che porta i selvatici a sparpagliarsi e attraversa le città?
E in ultimo: ma se la PSA è così virulenta ed efficace come mai, sempre Coldiretti, afferma che siamo invasi dai cinghiali?
Noi sappiamo soltanto che se il sistema è marcio, perché lo è, a pagare non può essere chi di fatto ne è stato sostratto e dovrebbe godere di uno status da individuo rifugiato che, impossibilitato a vivere libero in un mondo a misura di carnivoro e specista, si possa garantire una vita fuori dalle logiche degli allevamenti e del meccanismo che rende oggetti e merce gli altri animali.
Noi dobbiamo lottare per far sì che quel sistema crolli, ma nell’immediato dobbiamo creare tutti i presupposti per garantire la vita e l’autodeterminazione, e prassi che prevedono cura e riabilitazione, agli individui di altri specie che vivono nei rifugi.
Voi la chiamate Peste Suina Africana.
Noi invece Profitto Sugli Animali.
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