I FLEXITARIAN SONO PIÙ SOSTENIBILI DI TE!

L’Eurispes è quell’Ente che ogni anno stila ricerche in vari ambiti sociali, politici ed economici, ed è quello strumento che tasta anche il polso della situazione vegan.

Dal rapporto di quest’anno emerge un dato che metterà in allarme tutte quelle persone vegan che fanno della riconversione al vegetale il proprio credo e punto di forza per “veganizzare” amici, parenti, colleghi, partner e qualsiasi altro individuo bipede di questa società specista: rispetto al 2021 risulta un calo dal 2,4% all’1,3% mentre sono in aumento l’acquisto di prodotti surrogati quali fake meat e flexitariani. Cosa ci dicono questi dati?

Sicuramente che il campione raccolto non include tutte le persone coinvolte in questo percorso attuato a vario titolo (animali, salute, ambiente) ma che principalmente ad acquistare le alternative vegetali non sono vegan e vegetarian. C’è chi dirà “bene, questi prodotti infatti non sono per i vegani.” Peccato che il calo di persone vegan conferma ciò che diciamo da diverso tempo ovvero che il lavoro di influenzamento/soggiogamento sui consumatori e consumatrici attraverso il concetto di “benessere animale” applicato in modalità più o meno indiscriminate, ma discriminanti per chi le subisce in prima persona, ha creato categorie ibride quali “flexitarian” che diventa esempio di stile di vita da adottare per avere un’etica di acquisto responsabile e rispettosa degli altri animali trasformati successivamente in prodotti.

Questo accade soprattutto perché si continua a trattare lo sfruttamento animale soltanto dal punto di vista alimentare, attraverso ricette vegetali, apporti nutrizionali, supporto a multinazionali pronte ad investire nel mercato veg, insomma si riduce il tutto ad un cibo che soffre da sostituire con un cibo che “non soffre” (“semplice no?”). Adottando questa strategia si fa, in modo sicuramente non intenzionale, il gioco di chi appunto non vede altra utilità degli animali non-umani se non come cibo senza voler comprendere l’aspetto più complesso della questione ossia l’ideologia di dominio costruita nei secoli per trarre profitto dal lavoro e dai corpi di chi consideriamo altro da noi.

Restando ancorate soltanto sull’aspetto alimentare e grazie alle etichette imposte dalla Bioviolenza ci ritroviamo oggi con persone Flexitariane ad essere il modello etico-alimentare per eccellenza: mangiare responsabilmente impattando il meno possibile sull’ambiente e sulla vita altrui (che spesso non corrisponde agli altri animali).

Un’altra cosa interessante emersa dai dati Eurispes è quello relativo ai dati sull’aspetto etico della questione animale: In Italia 8 persone su 10 sono contro il circo, più del 70% contro la vivisezione e percentuali simili sono riscontrabili anche per chi condanna pellicce e caccia.

Dopo aver letto il rapporto ci si chiede “ma perché gli “animali da carne” non rientrano nella sfera etica?”

La risposta è tanto semplice quanto desolante: nonostante siano stati concessi alcuni privilegi welfaristi dovuti al riconoscimento di capacità emotive ed etologiche specie-specifiche, tali benefit in realtà non sono applicati all’animale non-umano in quanto capace di autodeterminarsi bensì alla rassicurazione data ai consumatori i quali otterranno carne, latte e uova con standard qualitativi migliori. Per questo motivo gli altri animali coinvolti nel processo alimentare fuoriescono dalla sfera etica di Eurispes, e più in generale dal pensiero antropocentrico, perché semplicemente quegli individui sono cibo, e nient’altro. Tutto qua.

La critica che dovremmo muovere a noi stessi come movimento di liberazione è proprio quella di partire da un’informazione teorica antispecista, capire le dinamiche oppressive che non sono staccate dalla società e dalle altre forme di sfruttamento dei corpi, contestualizzarne i contenuti per poi successivamente applicarli con cognizione di causa evitando possibilmente il pregiudizio morale, ma soprattutto evitare di incentrare la prassi vegana partendo proprio, o soltanto, dall’alimentazione. Non è un caso infatti che la maggior parte delle persone vegan non si contrappone a quelle speciste bensì agli onnivori.

Lo specismo è pervasivo e non coinvolge soltanto CHI si mette in tavola, continuare a non comprenderlo soltanto perché si pensa di voler ricercare una soluzione immediata ad una oppressione millenaria esasperata da questa società del profitto incontrollato (spoiler: una soluzione immediata non esiste) tenderà a generare nuove categorie mostruose di consumatori che diventano modello e stile di vita da seguire a discapito di chi vedrà il proprio corpo e la propria identità negata dall’ideologia antropocentrica e specista.

Fonte: https://www.veganok.com/vegani-in-italia/….

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