CRIMINI IN TEMPO DI PACE – MASSIMO FILIPPI/FILIPPO TRASATTI

Un gatto (o forse una gatta) sta spiccando un balzo per uscire dalla stanza in cui si trova. Questa stanza è il nostro mondo che, sotto la superficie apparentemente confortevole, ragionevole e levigata, nasconde il lato oscuro dell’oppressione e dello sterminio di miliardi di animali e di umani.

Lo stesso gatto – insieme a Laika e Foucault, Pietro il Rosso e Derrida, Giu e Deleuze – si aggira furtivo tra queste pagine per aprirci gli occhi sulla follia e l’orrore della normalità (mattatoi, laboratori e campi di sterminio), per farci riconoscere il fondamento vivente delle architetture del dominio, per guidarci nel pericoloso attraversamento di frontiere ritenute invalicabili, e per mostrarci l’insostenibilità della differenza che abbiamo instaurato tra «l’Umano» e «l’Animale». Dopo averci trascinati nel flusso della vita, Angelo – così si chiama l’enigmatico gatto che, con passione, ci ha esposti all’indescrivibile sofferenza di tutti i senza nome – svanirà lentamente, lasciandoci con il suo sorriso sulla soglia da cui è possibile intravvedere la luce della liberazione. (dal sito Eleuthera)

“Esiste insomma una sorta di ascensore che permette di portare dentro l’nferno animale anche individui e gruppi della nostra specie. Il che indica che l’inferno animale non si costruisce a partire da caratteristiche biologiche che ruotano intorno al concetto di specie; al contrario, definito un ordine sociale, si enfatizzano le differenze materiali funzionali alla sua legittimazione e al suo mantenimento. Ecco, quindi, un’altra buona ragione per cui vale la pena la liberazione animale: se non fosse sufficiente l’inaudita sofferenza degli animali e l’enormità del loro olocausto, l’inferno animale andrebbe comunque combattuto perché ci riguarda più da vicino di quanto normalmente siamo disposti a pensare. In effetti, a ben riflettere, siamo animali!” (Massimo Filippi/Filippo Trasatti)