COSÌ DISTANTI, INCREDIBILMENTE OPPRESSI (O COME ABBIAMO CREATO I DISPOSITIVI DI DISTANZIAMENTO)

Hai mai riflettuto su come potrebbe essere nata l’ideologia del dominio che ha portato gli esseri umani a sottomettere tutte le altre specie (compreso se stessi)?
James Serpell, docente all’università della Pennsylvania, ha raggruppato quelli che definisce Dispositivi di distanziamento in 4 categorie: separazione, occultamento, distorsione e trasferimento della responsabilità, a cui abbiamo aggiunto la normalizzazione dello sfruttamento.

Nel corso dei secoli l’umanità ha escogitato una serie di tecniche mentali per allontanarsi dalla Natura e dagli animali di altra specie per poter restare indifferente e poco coinvolta davanti alla loro sofferenza determinata dallo stato di schiavitù e dalla successiva uccisione. Tutto stava nel porre una certa distanza emotiva tra oppressore e vittima: evitare di affezionarsi o di (ri)conoscere l’individuo consentiva di utilizzarne il corpo nelle varie pratiche di soggiogamento che sarebbero cessate solo con la morte violenta.

I Dispositivi di Distanziamento presero forma durante la domesticazione poiché l’allevatore doveva relazionarsi quotidianamente con gli animali non-umani rinchiusi nei recinti, “prendendosene cura”, si sviluppò un rapporto molto più stretto rispetto a quello tra cacciatore/preda in cui l’umano interferiva nella vita dell’altro individuo soltanto nel momento della sua uccisione e, pertanto, non si creava nessun legame emotivo. Diversamente invece sia l’allevatore sia il pastore non potevano permettersi di affezionarsi a chi subiva violenze di vario tipo, sarebbe stato un peso emotivo con cui confrontarsi continuamente. Dunque la “compassione” andava recisa o avrebbe compromesso tutto l’apparato di sfruttamento su cui si basavano le società agricole.

SEPARAZIONE
La prima mossa da attuare fu la creazione di due fazioni, un “noi” e un “loro” con l’animale umano da una parte, in una posizione più gerarchicamente più in alto, e gli animali di altra specie dall’altra. Ritenendoli inferiori sotto tutti i punti di vista avvenne il distacco emotivo sulla Natura, disconoscendo anche la propria natura l’umano gettò le basi per un dominio diffusosi su larga scala. Da quel momento gli animali non-umani divennero merce barattabile, corpi trasformati in cibo, abbigliamento, intrattenimento, cavie da laboratorio, mezzi di trasporto o forza lavoro sacrificabile ed esente da qualsiasi rapporto definito “umano”.

OCCULTAMENTO
La seconda fase fu quella di decentrare i luoghi di sofferenza dai centri abitati, spostando i mattatoi e successivamente i laboratori di vivisezione e gli allevamenti di fatto la sofferenza divenne invisibile. L’assenza degli altri animali è stata ulteriormente occultata grazie anche ad un linguaggio che trasformava l’individuo in qualcosa di più anonimo e rassicurante: il corpo non era più un insieme di muscoli, cartilagini, ossa e fluidi corporei ma divennero “lonza”, “prosciutto” o “salsiccia”, tra gli altri. Attraverso questa alterazione venne identificato il referente assente, l’animale restava tale fino al momento della sua uccisione poi la trasfigurazione in altro durante lo smontaggio del corpo.

DISTORSIONE
Qual è il modo più efficace per esercitare sfruttamento, violenza e morte sugli altri animali, umani e di altra specie? Rappresentare la realtà guardandola attraverso una lente deformante.
Dipingere un animale non-umano come nemico, aggressivo e crudele, schifoso alla vista o portatore di malattie e sventura per l’umano ha permesso di costruire una narrazione distorta che ci portiamo dietro da secoli e consentito di ritenere necessaria la sottomissione a scopo di un qualche profitto – nel caso dei “domestici” – o l’annientamento per acquisire terreni e per infondata paura, nel caso dei selvatici.

TRASFERIMENTO DELLA RESPONSABILITÀ
Tale prassi si perde nei millenni, già durante i sacrifici animali erano i sacerdoti a trasferire la responsabilità della morte violenta di un vivente sugli dèi o sulle divinità venerate. Oggi invece questo trasferimento è stato scaricato sulle spalle di chi uccide, macella o arreca violenza in modo diretto sugli animali non-umani che però, nel processo moderno di produzione industriale massiccia, si perde tra centinaia di micro co-responsabilità tutto sommato accettabili per chi le compie.
In questo modo la “società civile” ha le mani pulite, deresponsabilizzandosi dal processo di smantellamento dei corpi non sarà perseguitata da sensi di colpa che a lungo andare porterebbero ad un ripensamento delle pratiche istituzionalizzate di dominio umano.

NORMALIZZAZIONE DELL’OPPRESSIONE
Una volta attuati i quattro “dispositivi” menzionati ovvero dopo aver lavorato mentalmente e fisicamente per oggettificare e rendere culturalmente inferiori gli altri viventi, il distanziamento tra chi è ritenuto umano e chi no è talmente strutturato da generare la normalizzazione dell’oppressione ritenuta necessaria o addirittura naturale per il conseguimento di un vantaggio
di specie o, più in generale, di categorie umane privilegiate su altre marginalizzate.

Questi processi oltre ad essere normalizzati avvengono ormai anche in modo automatico e inconscio attraverso la cultura di dominio, tramandata da generazione a generazione: l’umano è riuscito a rendere perfettamente accettabile tale oppressione grazie, appunto, al distanziamento da tutto ciò che non viene ritenuto ascrivibile alla sfera “umana”.

Tratto da “La Foca Bianca” – Roger Olmos. Logos Edizioni