L’INUTILITÀ DEI DILEMMI SPECISTI

Nella retorica consolidata della narrazione specista siamo abituate ad ascoltare ogni genere di scusa pur di appoggiare la violenza naturalizzata nei confronti degli altri animali. L’elenco è vasto e non staremo qui a mettere in fila tutte le obiezioni che variano dalla tradizione alla religione passando ad alcune più creative (evitiamo di riportarle per non fornire spunti per scusanti imbarazzanti).

Abbiamo deciso però di soffermarci su un evergreen del pensiero antropocentrico riportato ieri sera da oscar farinetti (minuscolo voluto), durante la puntata di Dilemmi andata in onda sulle reti Rai, ovvero “Anche le piante soffrono”.

Ora, al netto delle ricerche botaniche su un “sentire” dei vegetali, quando avvengono tali confronti speriamo sempre nella gratuita, e abbastanza inutile, provocazione di chi difende il proprio diritto a poter sfruttare una categoria oppressa. E invece a guardare negli occhi questi personaggi ci si accorge che ci credono davvero.

Allora fingiamo di voler accogliere i ragionamenti da etica al ribasso, spesso pure benaltristi, del pensiero specista ponendo ulteriori spunti di confronto nei riguardi di chi tira in ballo la sorte dei vegetali:

Qual sarebbe la nostra reazione se trovassimo un animale ferito e un ramo spezzato a bordo strada? A chi presteremmo soccorso?

È possibile pensare che le piante siano dotate di sistema nervoso centrale e allo stesso tempo non poter fuggire davanti ad una situazione di imminente pericolo come invece possono fare tutte le specie animali (essere umani compresi)?

Ci preoccupiamo della sorte delle piante solo nel momento in cui davanti abbiamo una persona che dice di non arrecare danno agli altri animali, nello specifico affermando di non mangiarli, a quel punto scatta l’impellente dovere di mostrarne l’incoerenza rigettando tale ipocrisia al mittente ricordando che “anche le piante soffrono” ma, stranamente, omettendo che gli animali di cui ci nutriamo a loro volta mangiano un quantitativo spropositato di vegetali.

Quella di Dilemmi è stata un’occasione persa per parlare in modo serio di oppressione di specie, questo grazie all’intervento pressoché inutile di Giulia Innocenzi nella controparte “animalista”. Primo perché chiamare una persona vegetariana a parlare di moralità e antispecismo (sì, il termine è arrivato in tv con tanto di definizione stringata che manco Wikipedia) è come portare in studio una persona dichiaratasi antirazzista ma che allo stesso tempo ammette candidamente che quando è fuori casa le capita di discriminare per non arrecare fastidio o perché costretta a non poter fare altrimenti. Ma soprattutto Innocenzi imposta un dialettica basata sulle scelte personali, e allora anche qui tocca fare un parallelo con altre discriminazioni nei riguardi di categorie umane marginalizzate: Essere contro il razzismo, il sessismo o la discriminazione di genere è una scelta personale o dovrebbe essere una condizione naturale e universale che garantisca a tutti i viventi libertà e autodeterminazione?

È qui che Innocenzi, e tutto il suo intervento, è risultata fallace poiché basare la propria morale animalista sulle “scelte alimentari” (e ambientali) sminuisce la situazione di sofferenza sistemica degli Altri Animali e, peggio ancora, alimenta l’idea che mangiare un altro essere vivente resta una scelta personale che nella migliore delle ipotesi si può fare almeno quando si esce di casa o se concediamo all’individuo oppresso una (breve) vita di “benessere”. E far passare questo messaggio in TV, dove la questione animale non viene mai affrontata sull’aspetto etico (e antispecista), presta il fianco al sistema oppressivo che continuerà a sfruttare i corpi degli Altri Animali con il beneplacito di organizzazioni e sedicenti animalistə.

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